giovedì 19 novembre 2009

Che palle

Venezia che palle. Ecco l’ho detto, e probabilmente dovrei sentirmi in colpa. Di Venezia puoi solo restare esterrefatto, sospirare meravigliato o annotare cose intelligenti su preziosi taccuini. Parlando di Venezia devi assumere un’aria sognante, farti venire i lucciconi agli occhi, simulare svenimenti perché incapace di reggere a tanta bellezza, tutta in un colpo. Vero, Venezia è bellissima, per carità, ma, lo ripeto, che palle. In realtà tutti i veneziani, sotto sotto, c’hanno due palle così della loro città e lo manifestano attraverso il borbottio. La città di Sior Todero brontolon, dove tutti brontolano, dove tutti hanno qualche ragione per sbuffare, senza però far niente per ovviare alla causa del brontolio. Una grande pentola a pressione, che per non esplodere sfiata, in continuo.A volte, spesso, mi viene la claustrofobia e scappo via. C’è invece chi non si allontana mai da Venezia e si trasforma in uno sfiatatoio ambulante, pieno di livore verso tutto e tutti. Aseo,come si dice qui, aceto. Il contrasto tra questa gente inacidita e i turisti all’apice della suggestione è un qualcosa che non si può sopportare. Odi et amo, citando Catullo, Ti odio e poi ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo, canterebbe invece Mina. In realtà amo questa città, ma a volte mi viene l’angoscia. E scappo via.

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